saec. V
Rutilio Tauro Emiliano Palladio, indicato dal consenso dei codici come l’autore dell’Opus agriculturae, fu un personaggio forse di rango senatorio, dato che i manoscritti lo indicano come vir illustris. Tuttavia, oltre al nome, è difficile stabilire altri dati certi tanto sulla vita quanto sulla cronologia: in questo senso si può considerare terminus a quo il 372, anno in cui l’imperatore Valentiniano istituì appunto il titolo di vir illustris e come terminus ante quem le Institutiones di Cassiodoro, dalle quali viene citato in 1, 28, 6. In generale, la critica lo colloca a cavallo tra il IV e il V secolo: altre numerose identificazioni sono state proposte, ad esempio con il Palladio che fu comes sacrarum largitionum nel 381 e magister officiorum nel 382 a cui Simmaco indirizza la prima lettera del IX libro. Un’altra ipotesi lo vorrebbe, invece, il destinatario dei versi dedicati da Rutilio Namaziano a Palladium, giovane di origine gallica appartenente alla sua famiglia recentemente trasferitosi a Roma per perfezionare gli studi di diritto (cfr. de reditu suo 1, 208-215).
Questa grande incertezza è anche causata dal fatto che l’opera di Palladio, diversamente da quelle di Varrone e Columella non fornisce alcuna indicazione di carattere autobiografico. Da alcuni passi (3, 25, 20; 3, 10, 24, 4, 10, 16) si apprende che egli aveva possedimenti in Italia, nei dintorni di Roma (circa Urbem) e in Sardegna. In generale, sembra aver avuto esperienza pratica, in prima persona, di agricoltura e di gestione di una proprietà terriera, sebbene il suo Opus agriculturae attinga generosamente da precedenti trattati di scienza agronomica, specialmente da Columella, rispetto al quale sembra, tuttavia, aver presente un tipo di economia chiusa negli spazi del latifondo e non più orientata al mercato. Non vi sono però riferimenti ad avvenimenti storici, contemporanei o non: vi è poi una sola menzione di un personaggio vivente, Pasifilo, a cui l’opera è dedicata, di altrettanto difficile identificazione: potrebbe infatti essere il Fabio Felice Paolino Pasifilo praefectus Urbis nel 355 (ricordato dal Codex Theodosianus 2, 8, 1), oppure il filosofo implicato nella congiura contro Valente di cui parla Ammiano Marcellino (29, 2 , 36). [A. Borgna]