saec. IV-V (dub.)
Pochissime sono le informazioni tramandateci relative a Ianuarius Nepotianus, epitomatore di Valerius Maximus. Dubbia è pertanto l'identificazione dell'autore nel panorama socio-culturale della tarda latinità.
Se si accoglie l'ipotesi avanzata da alcuni studiosi (Mommsen, Bergk) di considerare Nepoziano il dedicatario del XV carme della Commemoratio professorum Burdigalensium di Ausonio, il nostro compendiatore viene a coincidere con l'omonimo grammaticus e rhetor di Bordeaux. Ad avvalorare la formazione di stampo linguistico-retorico di Ianuario concorre il tentativo (Herzog) di accostare tale figura al Nepotianus orator destinatario di una delle epistole di Simmaco (9, 32).
Il nome Nepoziano appare in due iscrizioni del III sec. d. C. Secondo Hirschfeld l'iscrizione rinvenuta nel 1905 in Spagna (CIL II, 354), precisamente a Sicca Veneria, nella quale si cita un oratore dal cognomen Nepotianus, è fuorviante al fine della delineazione del personaggio, nonostante si ravvisi in essa lo stesso nome del dedicatario del compendio, Victor. Giudica invece pertinente l'inscriptio latina in onore di un tal Nepotianus procurator sexagenarius ab actis et centenarius primae cathedrae, ascritta come la precedente all'ordo Siccensium.
Elementi stilistici e contenutistici, che riflettono i mutamenti in atto nella concezione religiosa dell'epoca posteriore all'editto di Costantino, sembrano tuttavia indurre (Buecheler) ad una collocazione cronologica più tarda e permangono opinioni divergenti tra gli studiosi. L'unico dato certo è il terminus ante quem: Ennodio, vescovo di Pavia attivo tra la fine del V sec. d. C. e l'inizio del VI sec. d. C., cita l'epitome (Mommsen, Droysen, Vogel, Faranda).
Specchio della lingua del suo tempo (Ihm), penalizzato anche dalla corrotta tradizione manoscritta, Nepoziano è stato vittima di critiche fortemente negative: da misellus scriptor (Halm) a insulsus et indoctus dal sermo corruptus et interdum fere barbarus (Kempf).
In sintesi, dagli indizi menzionati si traccia il ritratto di un uomo di provenienza ignota, attivo tra il IV e il V sec. d. C., retore di formazione, presumibilmente colto dato il bagaglio personale di citazioni aneddotiche da cui variamente attinge, non privo di spirito di iniziativa e proprietà di linguaggio, il cui intento pedagogico è espresso chiaramente nella prefazione della silloge. Per tali ragioni, oggi la sua figura è stata tenacemente riscattata (Galdi), tanto da superare in importanza Iulius Paris, l'altro epitomatore a noi giunto dell'opera dedicata da Valerio Massimo a Tiberio. [N. Rosso]