saec. III-IV
Nato in Mesia in una data non del tutto sicura, che alcuni ritengono sia stata il 274 e altri il 280, figlio di Costanzo Cloro, uno dei Cesari della tetrarchia dioclezianea, e di Elena, sua concubina o moglie poi ripudiata, alla morte del padre fu acclamato nel 306 imperatore dall’esercito, in violazione della norma che prevedeva un sistema di successione non dinastico, con il passaggio dei Cesari adottivi al ruolo superiore di Augusti e la nomina per adozione di nuovi Cesari che garantissero la successione. Ne seguì una lunga guerra civile fra Augusti e Cesari, da cui si tenne fuori il solo Diocleziano, che si era ritirato a vita privata nella speranza che il sistema da lui escogitato evitasse gli scontri militari fra gli aspiranti imperatori. Nel 312, alleatosi con Licinio, contribuì alla sconfitta dei rivali nella parte occidentale dell’impero, battendo le truppe di Massenzio al ponte Milvio; Licinio conquistò la parte orientale dell’impero, che risultò così suddiviso fra i due Augusti, che per un decennio alternarono fasi di conflitto a fasi di concordia, fino allo scontro finale del 324 che vide vincitore Costantino, il quale fece condannare a morte e uccidere Licinio. Al periodo della più stretta collaborazione fra i due augusti appartiene il cosiddetto editto di Milano del 313, che in applicazione di una preesistente legislazione confermava libertà di culto anche alla religione cristiana, e fu emanato a Nicomedia da Licinio.
Nel 325, l’anno che che vide la morte anche di Licinio, Costantino fece uccidere il proprio figlio Crispo e poi la propria moglie Fausta. Nel 326 spostò la capitale da Roma a Bisanzio, rinominata Costantinopoli, la cui posizione era più adatta a fronteggiare le possibili invasioni germaniche provenienti dal fronte danubiano. Dieci anni dopo, nel 335, suddivise l’amministrazione dell’impero tra i figli superstiti, Costantino II, Costante e Costanzo, e i nipoti Dalmazio e Annibaliano. Morì nel 337 presso Nicomedia mentre si recava a combattere contro il re di Persia, il sasanide Sapore II, e fu sepolto nella città da lui voluta come nuova Roma e nuova capitale dell’impero; la chiesa ortodossa lo venera come santo.
Proseguendo nel programma di riforme voluto da Diocleziano, Costantino introdusse importanti innovazioni nel campo dell’amministrazione dello stato, nell’organizzazione delle forze armate e nell’economia, con l’introduzione del solidus, una forte moneta aurea che garantiva il potere di acquisto dei suoi possessori, gli appartenenti alle fasce più benestanti della popolazione. Si impegnò a fondo nella politica religiosa, sostenendo il cristianesimo, di cui si presentò come protettore, e convocando il famoso concilio di Nicea del 325, per tentare di porre fine agli scontri al suo interno fra ariani e antiariani; in punto di morte si battezzò.
Come per molti regnanti, è difficile stabilire quanto dei testi da lui firmati sia opera sua, quanto dei suoi segretari e quanto sia falso di epoche successive; fra quelli che più riguardano la cultura letteraria si possono ricordare l’Oratio ad sanctorum coetum, pervenutaci in una redazione greca che la presenta come intervento tenuto in una riunione di cristiani in un Venerdì santo, in cui si adducono come profezie dell’avvento di Cristo un acrostico attribuito alla Sibilla e un’abile rielaborazione della quarta ecloga virgiliana: c’è chi considera vera la testimonianza di Eusebio sull’ ”autenticità” dell’Oratio, chi la considera opera dello stesso Eusebio e chi l’attribuisce ad epoca notevolmente più tarda, vicina alla metà del V secolo. Fra le varie lettere, conservate per lo più in tradizione indiretta e ora raccolte in rete in traduzione inglese (http://www.constantinethegreatcoins.com/), una sarebbe stata indirizzata a Optaziano e riguarda la tecnica poetica di questo autore, ma anch’essa è di dubbia attribuzione. [G. Polara]