n. post 333 m. post 395
Su Ammiano Marcellino, ritenuto a ragione il maggiore storico pagano in lingua latina della tarda antichità, possediamo sporadiche notizie, desumibili quasi esclusivamente dalla sua stessa opera e da una epistola (1063 Förster), che gli sarebbe stata forse inviata dall’oratore Libanio nel 392 d.C. a Roma. Il retore, che denomina il destinatario della lettera Marcellino, lo descrive come originario di Antiochia, capitale della provincia di Siria. E dunque, se si ritenesse che il Marcellino chiamato in causa da Libanio sia da identificare con lo storico Ammiano Marcellino, la provenienza antiochena di quest’ultimo sarebbe assodata; ma fra i critici molti respingono tale identificazione (ex. gr. Fornara, Bowersock, Barnes, contra Matthews, Sabbah), proponendo, invece, per lo storico origini tessalonicesi, alessandrine o fenice. Ad Antiochia comunque lo storico dovette risiedere a lungo, fin da giovane (anche se non ne fu originario), come mostrano gli ampi riferimenti alla città contenuti nella sua opera e i numerosi legami con influenti antiocheni (Kelly). Assodata è la sua data di nascita, risalente al 330 d.C., mentre più controversa resta la definizione del suo status sociale di appartenenza. A lungo si è supposto che fosse esponente della classe curiale cittadina (Thompson, Viansino), ma la sua vasta e raffinata educazione bilingue e soprattutto il fatto che già nel 353, poco più che adulescens, fosse assegnato dall’imperatore Costanzo II come protector domesticus allo stato maggiore del magister equitum d’Oriente, Ursicino, inducono piuttosto a ritenere che appartenesse a una famiglia dell’élite militare o amministrativa dell’impero (Barnes, Kelly). A Ursicino restò sempre fedele, seguendolo prima a Nisibi in Mesopotamia, poi, nel 355, in Gallia contro l’usurpatore Silvano, che venne annientato. Tornato in Oriente, ad Amida, insieme al suo comandante, subì nel 359 l’assedio e la sconfitta da parte dei Persiani, eventi che determinarono in seguito l’esonero dagli incarichi militari di Ursicino, per volere del detestato imperatore Costanzo II. Che cosa accadde ad Ammiano dopo tali rovesci resta difficile da stabilire. È certo che nel 363 fu al seguito dell’imperatore Giuliano quando, divenuto Augusto dopo la morte di Costanzo, promosse una nuova spedizione in Persia. L’impresa si rivelò nefasta, poiché non solo comportò l’inaspettata morte del giovane imperatore, ma costò all’impero romano la perdita di ben cinque province situate oltre il corso del Tigri. Allora Ammiano probabilmente si ritirò a vita privata in Antiochia, compiendo viaggi in Egitto e in Grecia, di cui resta testimonianza nelle Res gestae. Dopo la gravissima sconfitta subita dall’imperatore Valente nel 378, ad Adrianopoli, si trasferì infine a Roma, dove rimase probabilmente a lungo, senza mai conseguire l’ambita carica di senatore (vir clarissimus), ma certamente rivestendo quella meno altisonante di vir perfectissimus. Nella città ove, come è stato supposto (Barnes, Viansino, Kelly), giunse al seguito del conterraneo Flavio Ipazio, nominato Praefectus Urbis e in seguito Prefetto del Pretorio per volere dell’imperatore Graziano, lo storico trovò il clima adatto per la stesura definitiva della propria opera, le Res gestae, che scelse di redigere in latino, in ossequio a Roma, nonostante fosse forse di formazione greca (Barnes, ma contra ex. gr. Fornara). [G. Vanotti]